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Il Blog di Massimo Binelli

Editoriali di MB

Visualizza articoli per tag: Autostima

Ho parlato per la prima volta di autosabotaggio nella Pillola 89. Dicevo che chi non ha fiducia nelle proprie potenzialità tende a fare di tutto per confermare le sue convinzioni negative, e più la realtà si discosta dalle attese nefaste, magari lasciando intravvedere all’orizzonte dei barlumi di felicità, più cresce il bisogno irrefrenabile e inconsapevole di darsi una tagliente zappata sui piedi, perché sente di non meritare nulla di diverso dalla sofferenza. Chi ha poca autostima ha paura della felicità e si autosabota, gli manca il coraggio di goderne. Perché talvolta, pur sapendo perfettamente cosa sarebbe “meglio per noi”, facciamo l’esatto contrario? E cosa possiamo fare per cambiare?

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«Ci sono momenti in cui mi sento inadeguato, senza motivo. In altri mi sento poco considerato oppure temo di essere criticato o giudicato per quello che dico o che faccio. Mi capita anche di provare insicurezza mentre mi trovo con una persona, e spesso è la stessa persona con cui la volta precedente stavo bene. Vorrei ritrovare la fiducia in me stesso». Questo messaggio mi è stato inviato da Giuseppe e avrei potuto trattarlo in un Botta e Risposta, ma ho preferito sviluppare il tema della fiducia in sé stessi in modo più ampio, perché non si tratta di un caso isolato.

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Quando ripenso al 200° oro olimpico della storia italiana, conquistato nel judo da Fabio Basile, anche se è già passato più di un mese, provo ancora una grande emozione. Sono fatto così, la gioia di un atleta che raggiunge l’obiettivo più importante di un’intera carriera, in qualunque disciplina, mi fa commuovere, perché so cosa significa soffrire per anni, sacrificare la propria gioventù per lo sport, per una medaglia, anche di latta. Chi non ha questo fuoco dentro, e magari liquida le tue fatiche con un “ma chi te lo fa fare”, il più delle volte detto in modo quasi beffardo, come a lasciare intendere “io mi godo la vita, sono più furbo di te”, mi fa quasi pena, non sa cosa si perde. Nel turbine delle interviste, Basile, ancora tra l’incredulo e il frastornato, ha detto: «A Tokyo, nel 2020, avrò qualcosa da perdere», ricordi? Ma è davvero così?

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Se affermo che almeno una volta, nella tua vita, hai provato un ingombrante senso di colpa, dico la verità, giusto? Ad esempio, quella volta, ricordi vero?, quando la tua vocina ti ha martellato per giorni e giorni dicendoti che sarebbe stato meglio non fare, non dire o non scrivere quella cosa… Senso di colpa, che poi si trasforma facilmente in rimorso, un tarlo che continuerà a tormentarci per il resto dei nostri giorni. Ma c’è una buona notizia: il senso di colpa può essere superato.

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In quasi tutte le richieste di aiuto che ricevo, è contenuto il proposito “voglio migliorare”. Peccato che questo obiettivo, e più avanti ti spiegherò che detto così non è ancora un obiettivo ben formato, sia soffocato da una lunghissima sequela di piagnistei, di dubbi sul futuro, di tormenti riguardanti il passato. Si può davvero puntare al proprio miglioramento se la mente è inquinata da pensieri velenosi?

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La Pillola dedicata all’autostima ha suscitato molto interesse e la mia definizione, tratta dalla sesta sessione del videocorso Atleta Vincente, «Avere autostima vuol dire conoscere il proprio valore, pur nella consapevolezza dei propri limiti», è stata largamente condivisa, tuttavia il cammino verso il potenziamento dell’autostima parte da un’azione consapevole che non può essere data per scontata. Non basta, infatti, avere coscienza della propria dignità, rispettarsi e avere fiducia nelle proprie capacità: per poter sviluppare una sana autostima occorre sperimentare l’accettazione di sé.

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Il perfezionismo, in senso lato, può essere definito come il rifiuto di qualsiasi difetto, anche minimo, che in genere si accompagna all’incapacità di accettare i propri errori. La persona perfezionista è alla continua ricerca di risultati impossibili da raggiungere, un atteggiamento che può portare a frustrazione e a isolamento. Ma dal perfezionismo possono emergere anche aspetti positivi, in ambito sportivo e nella vita di tutti i giorni.

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Nella sesta sessione del videocorso Atleta Vincente do questa definizione di autostima: «Avere autostima vuol dire conoscere il proprio valore, pur nella consapevolezza dei propri limiti». Significa che bisogna avere coscienza della propria dignità, prima come persona e poi come atleta. Significa che dobbiamo possedere la chiara percezione del proprio sé, rispettarsi e avere fiducia nella capacità di esercitare il controllo efficace delle possibili situazioni che ci troviamo ad affrontare, nella vita, in allenamento o in gara. Ecco la domanda: si può potenziare il motore dell’autostima?

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Nella mia lunga esperienza di sportivo e di mental coach, ho avuto a che fare con centinaia di atleti, compagni di squadra, avversari e coachee, che è il termine usato per definire i clienti di un coach. Ho trovato un’umanità molto variegata, formata da persone positive e persone negative; eterni ottimisti e insopportabili lamentosi; compagnoni logorroici e orsi solitari. Con ognuno di questi individui ho adottato adeguate modalità di relazione, fuggendo a gambe levate dai lamentosi e negativi, lasciati con piacere a crogiolarsi nel loro pantano mentale, e cercando di trovare le parole giuste per entrare in empatia con tutti gli altri, anche se non sempre ci sono riuscito. E sai cosa ho capito? Che certe volte è sufficiente una frase, un aforisma noto o inventato sul momento, per sbloccare energie nascoste.

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Per un calciatore professionista, ritrovarsi in panchina dopo un infortunio che ha comportato un lungo recupero rischia di trasformarsi in un incubo. Il disfattismo pian piano prende il sopravvento, nella mente iniziano a vorticare pensieri negativi e l’atteggiamento passa dall’entusiasmo alla rinuncia, innescando un circolo vizioso con ripercussioni sfavorevoli tanto per l’atleta quanto per il gruppo. Lo stress della panchina si può superare: ne parliamo nel Botta e Risposta di questa settimana.

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