L’uomo, sostiene Stephen R. Covey, l’autore americano che ha parlato per la prima volta di proattività in un suo libro pubblicato negli anni ‘90, a differenza di tutti gli altri esseri viventi possiede l’autoconsapevolezza, ossia la «capacità di riflettere sul proprio stesso processo di pensiero» e di osservarsi in modo distaccato, come in una “visione dall’alto” (nel frattempo abbiamo imparato a definire questo esercizio come visualizzazione esterna, o visualizzazione in terza posizione, nda). Grazie a questa straordinaria dote naturale, l’uomo è in grado di comprendere quale visione hanno gli altri di se stessi e quale sia il loro “modello del mondo”, svuotando la mente dai suoi condizionamenti personali e dai luoghi comuni, ma sono in pochi coloro che praticano regolarmente questo esercizio, poiché è molto più facile e comodo agire in modo “reattivo”, sulla base degli automatismi stimolo > risposta interiorizzati fin dalla nascita. Essere proattivi, invece, significa avere la piena responsabilità del vivere e dell’agire, coerentemente con i valori personali e indipendentemente dalle condizioni in cui si vive, che non devono influenzare o predominare. Domanda: Steve Jobs (nella foto), a vostro parere, quanto è stato proattivo? Più le scelte di un individuo sono dettate da una reattività non controllata e non in armonia con la sua scala gerarchica dei valori personali, più egli si allontana dalla proattività.
Sempre secondo il Covey, «finché una persona non riesce a dire con convinzione profonda e con onestà: “Io sono quello che sono oggi a causa delle scelte che ho fatto ieri”, non può nemmeno dire: “Adesso scelgo altrimenti”». È un po’ come affermare che nella vita, citando il titolo di un libro di Dario Bernazza, «o si domina o si è dominati», ossia bisogna dominare responsabilmente le situazioni per evitare di essere travolti e feriti da ciò che accade. Chi riesce a trovare l’energia per dominare anche nei momenti più difficili, non si rassegna, e concentra tutta la propria energia vitale per reagire, ha molte probabilità di vincere e di uscire rafforzato dalle avversità, ma chi si abbandona agli eventi, convinto che la sfortuna si sia accanita su di lui, finirà per generare profezie autoavverantesi su nuove disavventure.
I miei libri: “Atleta Vincente”, che contiene 47 strategie per diventare campioni nello sport e nella vita, e “Pillole di Coaching”, che propone 60 Esercizi di allenamento mentale e 40 Domande Potenti per diventare mental coach di sé stessi.
Il leader proattivo (ma il ragionamento può essere esteso a ciascuna persona che desideri affermarsi e vivere da protagonista) deve saper operare senza attendere che qualcosa accada; deve saper prendere l’iniziativa per realizzare ciò che è giusto e necessario, senza subire passivamente l’iniziativa altrui e, soprattutto, senza aspettare che altri decidano o agiscano per lui. Egli non si rassegna mai all’idea che non si possa “fare di più”, perché è fermamente convinto che sia sempre possibile intervenire per valutare le alternative potenziali e scegliere la migliore. Il leader proattivo, anziché lasciarsi coinvolgere dalle debolezze degli altri e dai problemi originati dall’ambiente, si impegna ad agire su tutte le variabili dipendenti dal suo operato, generando in tal modo energia positiva che alimenta un processo virtuoso creatore di fiducia.
La proattività è una conquista che matura di giorno in giorno, partendo dai piccoli eventi per arrivare alle grandi cose, proprio come nel caso di un campione di una disciplina sportiva che si allena assiduamente, a livello fisico e mentale, sui dettagli della tecnica di esecuzione del suo esercizio allo scopo di perfezionare il gesto atletico durante le competizioni. L’atleta proietta nel futuro le sue azioni e si vede vincente, si immedesima nel successo; la persona proattiva, parimenti, deve credere fermamente in tutto ciò che fa, coerentemente con i suoi valori, obiettivi e modelli mentali, e deve saper imparare con rapidità dai propri errori, per dominare e vincere.
Il leader proattivo deve impegnarsi a dare il buon esempio; deve evitare di esprimere giudizi sulla persona accusando o biasimando in modo distruttivo, limitandosi a criticare i comportamenti; non deve stigmatizzare le debolezze degli altri; deve possedere la libertà di agire e di pensare.
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