Quanti metri fai in 30 secondi?
La scienza ha dimostrato che un essere umano non è mentalmente in grado di sostenere un esercizio alla massima intensità per un tempo superiore a 30 secondi, soglia al di là della quale lo sforzo percepito diventa intollerabile. Chi pratica la disciplina della velocità in pista sa bene a cosa mi riferisco. A seconda del livello e dell’età dell’atleta, 30 secondi corrispondono a una percorrenza che indicativamente può andare da 250 a 300 metri, una distanza che un qualsiasi velocista è in grado di affrontare alla massima potenza. Per la cronaca, la miglior prestazione assoluta sulla distanza spuria di 300 metri appartiene al sudafricano Wayde van Niekerk, primatista mondiale dei 400, che li ha corsi in 30.81 il 28 giugno 2017.
I miei libri: “Atleta Vincente”, che contiene 47 strategie per diventare campioni nello sport e nella vita, e “Pillole di Coaching”, che propone 60 Esercizi di allenamento mentale e 40 Domande Potenti per diventare mental coach di sé stessi.
Se c’è la previsione di superare la soglia dei 30 secondi, la mente va “in protezione”, ossia alla partenza si attiva una sorta di “regolatore della cavalleria” che impedisce all’atleta di oltrepassare il limite di tolleranza per lo sforzo che percepirà dal trentesimo secondo fino al termine della gara. Va da sé che più la gara è lunga e maggiore sarà l’energia nervosa necessaria per portarla a termine, e di conseguenza più bassa sarà la soglia di sicurezza impostata da questo regolatore di potenza che salvaguarda il motore dell’atleta, evitandogli di finire in zona rossa, ossia fuori giri.
Domanda binelliana: se il “muro psicologico” dei 30 secondi è invalicabile, su cosa possiamo far leva, per aumentare la prestazione in una gara che dura più di mezzo minuto?
La risposta, apparentemente, è tanto semplice quanto obbligata: possiamo far leva sulla percentuale di “risparmio”, ossia sul livello a cui impostare la lancetta del limitatore di giri. Anche in questo caso, chi osa, come il sottoscritto, cimentarsi nei 400 metri, il terrifico giro della morte, sa a cosa mi riferisco e sa quanto sia praticamente insolubile il dilemma, perché non esiste alcuna formula matematica che permetta di determinare la strategia giusta per disputare una gara perfetta.
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Esiste davvero una strategia per disputare la gara perfetta?
Con un esempio sarà tutto più facile. Immaginiamo, per fare cifra tonda, che un atleta valga 25 secondi sui 200 metri, correndo ovviamente alla sua massima velocità. Come potrebbe distribuire la potenza in una gara di 400 metri per ricavare il massimo vantaggio? Potrebbe correre in 26 secondi i primi 200 e chiudere in altri 28 secondi, ossia in 54 secondi totali? Oppure gli stessi 54 secondi potrebbero essere frutto di un passaggio ai 200 in 27 e dunque una seconda frazione identica, possibile grazie al risparmio di energia della prima parte? E se corresse i primi 200 metri in 25 secondi, proprio come se fosse una gara di 200 metri, riuscirebbe ugualmente a chiudere la prova con una seconda frazione in 29 secondi, anche a costo di trascinarsi fino al traguardo? A parità di risultato, in quale di questi casi soffrirebbe meno, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista mentale?
Una risposta certa non c’è, perché quell’atleta dovrebbe sperimentare più e più volte le possibili strategie, ma non potendo eseguire prove sequenziali (un 400 al giorno, corso a ritmo gara, basta e avanza!), si troverebbe ad avere condizioni fisiche, mentali e ambientali diverse per ogni tentativo, il che renderebbe difficile confrontare le varie prestazioni.
Per estensione del concetto, qualunque sia la disciplina sportiva che pratichi, sappi che per i primi 30 secondi, se le tue prove sono brevi, gareggi e vinci con i tuoi muscoli, oltre che con la mente; dopo i fatidici 30 secondi, gareggi soprattutto con la testa e vinci grazie alla tua potenza mentale. Il trucco, dunque, è quello di allenarsi mentalmente per imparare a decodificare i segnali del corpo, al fine di riuscire ad arrampicarsi sempre più in alto, gradino dopo gradino, sulla scala della fatica e del dolore.
Per dare il 100 per 100, diventa mental coach di te stesso
In altre parole, con i muscoli stabilisci qual è il valore della tua prestazione fisica assoluta, in gare brevi o di potenza, mentre con la mente, ovvero con la concentrazione, la motivazione e la fiducia nelle tue possibilità, determini il limite massimo di sopportazione della fatica, ossia fissi la soglia di massimo sforzo che ti consente di concludere una gara di “resistenza” della durata maggiore di 30 secondi, tanto per semplificare.
La buona notizia è che puoi allenarti per diventare un Alteta Vincente e mentalmente potente. Puoi allenare la tua mente a tollerare in modo diverso lo sforzo fisico; e siccome è tutto un gioco di percezioni, se la mente è allenata a soffrire, ordina al corpo di dare il 100 per 100, e il corpo, senza fare domande, esegue! Facile, no?
È il momento di agire!
In questo caso, tuttavia, non esistono Pillole o Formule magiche, come hai imparato ad applicare se hai già fagocitato le 47 Pillole del mio libro “Atleta Vincente” oppure se hai aderito a una delle quattro Formule del videocorso AtletaVincente.com. Il segreto è quello di diventare mental coach di sé stessi, ma per farlo occorre possedere le basi dell’allenamento mentale, ergo, se ancora non l’hai fatto, parti pure dal mio libro o dal videocorso, se preferisci il faidaté. Se invece vuoi lavorare direttamente con me sui tuoi punti deboli e sui tuoi punti di forza, e avermi come tuo mental coach, contattami e ne parliamo… Come dico sempre, “alza le chiappe dal divano e muoviti, fai il primo passo verso il tuo obiettivo”, e anche rompere il ghiaccio con un’opinione o una domanda è un modo per uscire dal torpore e passare all’azione, non credi? ;)