Come riscaldare le fibre muscolari e i neuroni
Prima di un allenamento o di una competizione, un atleta deve svolgere esercizi di riscaldamento fisico per mettere in moto il suo corpo e prepararlo ad affrontare la performance sportiva nelle migliori condizioni. Quando è “caldo”, l’atleta continua a tenersi nello stato di massima efficienza facendo qualche movimento, tipico della sua disciplina, a intervalli regolari, per evitare che i muscoli si raffreddino.
I miei libri: “Atleta Vincente”, che contiene 47 strategie per diventare campioni nello sport e nella vita, e “Pillole di Coaching”, che propone 60 Esercizi di allenamento mentale e 40 Domande Potenti per diventare mental coach di sé stessi.
Anche la mente ha bisogno di riscaldamento “per entrare in bolla”, e cioè per portarsi nel suo “stato di grazia”. Tra l’altro, a questo argomento fondamentale è dedicata un’intera sessione, l’ottava, del percorso Atleta Vincente, al quale ti puoi iscrivere gratuitamente, se ancora non l’hai fatto.
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Occhio al contagiri!
Il riscaldamento mentale è il risultato sia del dialogo interno sia della visualizzazione del gesto che l’atleta si accinge a compiere. Per far sì che la mente resti “calda”, dunque, bisogna controllare i pensieri, portarsi al centro della bolla, concentrati sul momento presente, e attivare una visualizzazione che coinvolga tutti i sensi.
Se il riscaldamento dura al massimo un’ora, dal primo movimento alla gara, non c’è problema a restare “in bolla”, ma se si protrae per un tempo più lungo occorre imparare a gestire l’uscita e l’entrata nella propria bolla senza alcun timore, pena il consumo smisurato di energia mentale. Giusto per fare un esempio, durante un campionato mondiale di karate, in cui stavo seguendo due atleti, entrambi poi vincitori del titolo, i giudici ci hanno convocato alle 9 del mattino; dopo qualche ora, hanno reso note le pool degli incontri e hanno indicato come orario di gara le 15 del pomeriggio, e su questo riferimento abbiamo tarato il riscaldamento. Peccato che, rinvio dopo rinvio, la gara si sia svolta alle 18…
Come si gestisce un riscaldamento di oltre tre ore?
In questi casi non ci si può fermare del tutto, perché un raffreddamento completo farebbe correre rischi di infortunio muscolare e annullerebbe lo stato di attivazione mentale, ossia la condizione di eccitazione benefica, al di sotto della soglia di guardia, raggiunta con il riscaldamento.
Dobbiamo “tenere il motore al minimo”, eseguendo qualche movimento, al 50 per cento dell’intensità massima, a intervalli di 8/10 minuti, a seconda delle caratteristiche dell’atleta, della temperatura esterna e della disciplina praticata. Tra un richiamo e l’altro, l’atleta deve tenersi caldo anche mentalmente tramite la visualizzazione, passiva e attiva, affinché sviluppi la consapevolezza di essere pronto a dare il massimo in qualunque momento. C’è anche da considerare l’aspetto energetico del riscaldamento lungo, ma per tutto ciò che riguarda l’idratazione e l’alimentazione c’è da valutare il caso specifico.
Cosa NON si deve fare, in un riscaldamento di oltre tre ore?
L’errore più grave, da scongiurare in assoluto, è proprio quello di lamentarsi per il riscaldamento lungo, perché significherebbe costruire un alibi preventivo: “Siccome sto sprecando energie, la gara andrà male”. Sappiamo che la nostra mente fa di tutto per accontentarci, quindi un pensiero negativo di questa portata innescherebbe inesorabilmente la profezia che si autoavvera.
Bisogna restare consapevoli del momento presente, evitando di pensare al tempo trascorso e al tempo che ci separa dalla gara, e occorre dialogare costantemente con il proprio corpo, mantenendo uno stato di attivazione che permetta di formulare in ogni istante, in modo CCCP, la frase “Ora mi sento pronto a dare il massimo”.
Come si affronta, invece, una gara interminabile?
Ho citato l’incontro di tennis tra Isner e Mahut del 2010, durato 11 ore e 5 minuti, ma senza arrivare a questi limiti estremi si può pensare a una partita di pallavolo che finisce al quinto set, a una partita di golf e a tutti quei casi in cui la competizione non sia basata su un tempo lordo, come è il caso del calcio, in cui un incontro di norma dura 90 minuti più il recupero, ma su un tempo di gioco effettivo.
Impara a giocare con la tua “bolla”
Nelle gare di lunga durata, l’atleta deve imparare a uscire dalla propria bolla per rigenerare la mente durante le pause. Tenersi in tensione per ore e ore è controproducente, e comunque l’energia nervosa è destinata a scaricarsi progressivamente e inesorabilmente, come la pila di una torcia tenuta sempre accesa. Nei momenti di pausa, anche breve, bisogna spostare la consapevolezza sul proprio corpo, smettere di pensare all’andamento della gara e inspirare a fondo, lentamente, immaginando che l’aria che entra nei polmoni abbia il colore della calma e dell’energia vitale, ed espirare immaginando che l’aria abbia preso il colore delle tensioni e della stanchezza che abbandonano il corpo. Dopo cinque respirazioni di consapevolezza, come le chiamo io, le batterie tornano quasi al 100 per cento della carica, fidati!
È il momento di agire!
Gli argomenti che ho affrontato in questa Pillola sono estremamente importanti per un atleta e meritano un approfondimento, quindi, se vuoi saperne di più, contattami e ne parliamo. Come dico sempre, “alza le chiappe dal divano e muoviti, fai il primo passo verso il tuo obiettivo”, e anche rompere il ghiaccio con un’opinione o una domanda è un modo per uscire dal torpore e passare all’azione, non credi? ;)