La “condanna” degli atleti che praticano sport individuali
Come puoi leggere nella mia biografia sportiva, sono stato un “azzurro” della Nazionale italiana di Pesistica, Gruppo sportivo della Polizia di Stato “Fiamme Oro”, e sono tuttora un agonista in piena attività, seppure in due sport diversi, l’atletica leggera e lo sci, con un palmares che, da Master, si arricchisce anno dopo anno.
In tutta la mia vita ho sempre praticato discipline individuali. Soltanto una volta, avrò avuto otto anni, mio padre mi portò a fare un allenamento di prova in una squadra di calcio. Quel giorno erano in programma i colpi di testa. Quando toccò a me, dopo aver centrato la palla con la fronte provai una tale sensazione di stordimento che non ne volli più sapere. La mia avventura calcistica, e con essa la mia esperienza diretta negli sport di squadra, finì sul quel campetto di periferia, ancor prima di iniziare.
Da allora, mi sono sempre allenato “da solo”, perché in una disciplina individuale è così che funziona. Puoi anche ritrovarti in una palestra rumorosa e polverosa a sollevare pesi assieme ad altri atleti, ma sulla pedana, quando è il tuo turno, ci sei tu, in compagnia del freddo bilanciere. Ti abitui a questa strana solitudine, entri pian piano nella bolla del silenzio consapevole e, come spiegavo nella Pillola 106, per farlo impari a spostare l’attenzione dall’esterno, pieno di rumori e di voci che si sovrappongono, verso l’interno, verso il tuo corpo, ricco di suoni e sensazioni meravigliose.
È così che ho messo a punto alcune delle tecniche di mental coaching più potenti, che anno dopo anno sono diventate colonne portanti del metodo “Atleta Vincente”®. Nella mia seconda vita sportiva, tuttavia, ho provato la solitudine descritta da Pietro Mennea. Perché se da una parte è vero che anche l’atletica leggera è uno sport formato da discipline individuali, dall’altra parte è altrettanto vero che nelle gare di corsa gli avversari diventano un riferimento e uno stimolo.
Non a caso nel fondo e nel mezzofondo c’è il ruolo delle lepri, che hanno il compito di imprimere alla competizione un’andatura concordata, dopodiché si fanno da parte e lasciano agli atleti in lotta tra loro l’onere e l’onore di chiudere la prova secondo le loro potenzialità.
Vuoi che te la racconti io? Ok, clicca e guarda il video...
Quando l’immaginazione supera la realtà
È proprio prendendo spunto dalle lepri che ho ideato un metodo per rendere più stimolanti i miei allenamenti, in armonia con una delle 48 Regole Vincenti che trovi nel mio libro:
Allenati ogni giorno con entusiasmo, consapevolezza e concentrazione come se fosse la tua gara più importante, e affronta la tua gara più importante come se fosse un normale allenamento.
Io sono un velocista, ovvero disputo gare su una distanza che va dai 60 metri ai 400 metri, ed è noto che nella velocità non esistono le lepri, tuttavia tutti i velocisti sono soliti studiare i tempi degli avversari, soprattutto nei 200 e nei 400 metri, per avere dei riferimenti.
Nei 400, infatti, le gare più difficili da interpretare sono quelle in corsia esterna, perché si parte qualche decina di metri più avanti rispetto a chi è in prima corsia, ma il decalage, così si chiama lo scarto che separa i concorrenti nelle diverse corsie, calcolato per far sì che tutti percorrano la stessa distanza, si riduce man mano che ci si avvicina al rettilineo finale, dunque si ha la sensazione di essere ripresi e spesso ci si irrigidisce, pensando di essere lenti rispetto agli altri che sembrano arrivare come dei missili (ed è solo un errore di percezione, perché anche a parità di velocità, stanno semplicemente percorrendo meno metri di pista).
I miei libri: “Atleta Vincente”, che contiene 47 strategie per diventare campioni nello sport e nella vita, e “Pillole di Coaching”, che propone 60 Esercizi di allenamento mentale e 40 Domande Potenti per diventare mental coach di sé stessi.
Torno al punto. Io mi alleno sempre da solo, nel senso letterale del temine, perché nella fascia oraria in cui appendo il cappello del coach e indosso le scarpette, il campo è meno affollato del Deserto dei Tartari, ma in pista la sfida all’ultimo tuffo sulla linea del traguardo è sempre all’insegna dell’adrenalina. Non ci credi? Prima di darmi del matto, concedimi ancora qualche secondo di fiducia...
È l’una. Ho appena terminato il riscaldamento e adesso ho in programma sei ripetute sui 200 metri con partenza dal 400. Questi sono i miei avversari di oggi: in prima corsia Pie’, in seconda corsia Giuse’, in terza corsia Robe’, in quinta corsia Anto’ e in sesta corsia Ricca’. Sarà una dura lotta, ma sono contento perché ho avuto in sorte la quarta corsia, la mia preferita…
Questa situazione si ripete ogni giorno. Il campo dove mi alleno è proprio deserto, tuttavia per le ripetute sui 200 ho trovato Pie’, Giuse’, Robe’, Anto’ e Ricca’, cinque formidabili sparring partner. Cinque avversari che esistono soltanto nella mia testa e prendono vita ogni volta grazie alla potenza della visualizzazione, ovvero grazie al nostro super simulatore mentale mediante il quale possiamo immaginare mondi visti o mai visti prima oppure possiamo immaginare di fare azioni compiute o mai compiute prima.
Al proposito, ti ricordo che l’immaginazione visiva condivide molte caratteristiche con la visione reale, perché il cervello, a livello emotivo, non è in grado di distinguere una circostanza reale da una situazione visualizzata intensamente. Io ho sempre usato questa tecnica, anche quando non sapevo che avesse un nome. Come racconto nel mio libro, se mi trovavo a gareggiare in un palazzetto vuoto, per motivarmi immaginavo che sulle gradinate ci fosse il pubblico delle grandi occasioni, i genitori, gli amici, la fidanzata…
Oggi non ho più bisogno di ricercare questa motivazione esterna, mi basta e avanza la mia, quella interna, tuttavia lo stratagemma di visualizzare avversari con cui confrontarmi in allenamento è estremamente stimolante, perché mi aiuta ad evitare di tenere il focus su ciò che non mi è utile in quel momento.
Come sempre, prima di proporre una tecnica la sperimento a lungo sulla mia pelle, dopodiché scelgo qualche atleta, tra tutti quelli che seguo, e faccio far loro da cavia. Ebbene, ho ottenuto il 100 per 100 di successo, ovverosia maggiore motivazione in allenamento e resa più elevata.
È il momento di agire!
È una tecnica che può essere adattata a qualsiasi disciplina, con opportuni accorgimenti. Se vuoi saperne di più e vuoi testare assieme a me la potenza di questo metodo, che fa parte delle tecniche del “PerCorso di Sport Coaching Top”, basato sul metodo “Atleta Vincente”®, contattami e ne parliamo! Come dico sempre, “alza le chiappe dal divano e muoviti, fai il primo passo verso il tuo obiettivo”, e anche rompere il ghiaccio con un’opinione o una domanda è un modo per uscire dal torpore e passare all’azione, non credi? ;)