Come creare la “consapevolezza emotiva”
Quante volte mi hai sentito parlare di consapevolezza, di comunicazione efficace, di accettazione, e in quante altre occasioni ti ho invitato a sospendere il giudizio nei tuoi confronti? Tante, vero? Sono tutte strategie che hanno come obiettivo l’accoglimento amichevole delle emozioni, perché se proviamo a combatterle o, peggio, se tentiamo di annullarle, siamo destinati a soccombere: sono più forti di noi.
I miei libri: “Atleta Vincente”, che contiene 47 strategie per diventare campioni nello sport e nella vita, e “Pillole di Coaching”, che propone 60 Esercizi di allenamento mentale e 40 Domande Potenti per diventare mental coach di sé stessi.
Le emozioni, come spiego nella Pillola 5 del mio libro “Atleta Vincente”, dedicata alle “interferenze” da gestire, ovvero tutte quelle emozioni potenzialmente distruttive, se reagiamo male ai loro segnali, sono la risposta fisiologica a uno stimolo.
«È quel fenomeno – mi sto citando – in virtù del quale quando affrontiamo una situazione emotivamente coinvolgente, in senso positivo o negativo … oppure quando riviviamo quella determinata situazione nella nostra mente, si scatena la produzione di ormoni, aumenta la frequenza cardiaca, il respiro si fa affannoso e la fronte si imperla di sudore».
La piena consapevolezza delle emozioni che stiamo provando, dunque, è la condizione essenziale per assumere decisioni in linea con i nostri valori, ma è anche l’interfaccia che ci consente di ascoltare gli altri in modo attivo, al fine di creare empatia e relazioni solide.
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Dalla rigidità alla flessibilità
Purtroppo non è così semplice, perché in molti casi le emozioni hanno creato ancoraggi a situazioni ed esperienze passate, con il rischio che la percezione della realtà venga alterata dal ricordo viscerale di un dolore provato, e per tale ragione si formulino giudizi affrettati e si prendano decisioni sbagliate.
Cosa succede se non siamo pienamente consapevoli delle emozioni che stanno scorrendo nelle nostre fibre?
Se va bene, succede che reagiamo con il pilota automatico, ossia a “stimolo” segue “risposta” involontaria.
Se va male, sprechiamo una quantità enorme di energia nel tentativo (vano) di contrastarle.
In entrambi i casi, si tratta di risposte rigide, che hanno un prezzo, talvolta molto salato, e sono foriere di frustrazione.
Se invece impariamo a diventare flessibili, ossia ad accogliere benevolmente le emozioni, ad accettarle, a far pace con loro al posto di combatterle strenuamente, il cervello emotivo gradualmente diventa più docile, si lascia condurre senza sforzo, e riusciamo a convivere pacificamente con tutti gli stati d’animo, perché fanno parte di noi e non li dobbiamo temere.
Vivere ogni emozione con… intenzione
Le risposte automatiche rigide affondano le radici nelle convinzioni limitanti, nelle storie che ci siamo raccontati da una vita a proposito della nostra inadeguatezza. Sono figlie del senso di scarsità, che ci fa credere di avere sempre qualcosa in meno degli altri, della credenza, inculcatasi nella mente chissà come e chissà quando, di non meritare felicità e successo. Questi schemi portano a prendere scorciatoie mentali, meno costose in termini emotivi ed energetici, ma certamente meno efficaci e meno utili per la nostra crescita personale.
La flessibilità, all’opposto, è la strada maestra per definire obiettivi, perseguirli con successo e raggiungere il tanto agognato benessere, anticamera della felicità. Si diventa flessibili imparando a lasciarsi andare e vivendo ogni istante con la ferma intenzione di sperimentare a pieno ciascuna emozione, senza averne paura o volersene liberare il più velocemente possibile.
Bisogna saper riconoscere le proprie emozioni, ascoltare il messaggio che ciascuna di esse porta con sé, cercare di capirlo e rispondere allo stimolo abbandonando gli schemi automatici. È un processo che consente di prendere gradualmente le distanze dai pensieri e dalle immagini associate alle emozioni più forti, osservando gli uni e le altre con distacco, come se fossimo gli spettatori di un film guardato comodamente dalla platea, magari sgranocchiando pop corn, e non gli attori vincolati a rispettare un copione.
Questa visione dall’esterno, meno coinvolgente, dal punto di vista emotivo, ci dà la possibilità di decidere le azioni da compiere dopo aver risposto alla socratica domanda “cosa è meglio per me”, puntando al massimo risultato con il minor sforzo possibile.
Chi sperimenta la flessibilità emotiva, in altre parole, riesce ad accogliere tutte le possibili “interferenze” , dalla rabbia all’ansia, dalla paura al dolore sospendendo il giudizio, con comprensione e accettazione, e soltanto così può affrontare il cambiamento, perché abbandona la logica rigida e di sopravvivenza dello stimolo-risposta e si affida alle scelte frutto dell’intenzione, un concetto che potremmo riassumere in due parole magiche, per citare il titolo di una canzone di Luciano Ligabue:
VOGLIO VOLERE!
È il momento di agire!
Classica domanda binelliana: ti piacerebbe scoprire come si diventa emotivamente flessibili? Conosci la risposta: contattami e ne parliamo... Come dico sempre, “alza le chiappe dal divano e muoviti, fai il primo passo verso il tuo obiettivo”, e anche rompere il ghiaccio con un’opinione o una domanda è un modo per uscire dal torpore e passare all’azione, non credi? ;)