La solitudine dei... primi!
Se pratichi da tempo uno sport individuale, come l’atletica leggera, il nuoto o il golf, ti sarai reso conto che la tua solitudine è aumentata in modo proporzionale al crescere del tuo livello di prestazione. Di solito, da ragazzi si inizia a praticare sport in compagnia, e ci si diverte. Dopo qualche tempo, se nel centro sportivo c’è un allenatore sveglio, i più bravi e promettenti vengono separati dal gruppo, per essere seguiti da vicino, con un programma di lavoro personalizzato.
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Alcuni di questi, infine, diventano dei campioni e da quel momento rischiano di ritrovarsi completamente soli, perché la personalizzazione del loro lavoro diventa estrema. Trascorrono ore, giornate, settimane, mesi e anni in solitudine, su una pista o per strada, in una vasca o su un prato. Non c’è più nessuno che possa allenarsi con loro, perché nessuno regge il loro carico di lavoro. Se hai visto la fiction dedicata a Pietro Mennea, la Freccia del Sud, e ricordi del suo Natale trascorso a Formia, hai capito perfettamente a cosa mi riferisco. Se invece te la sei persa, ecco le parole di Pietro, riportate in un’intervista rilasciata a Emanuela Audisio per ‘la Repubblica’, il 3 giugno 2012:
«La mia crescita sportiva è stata lenta e costante, ma da ragazzo del sud nel ‘72 sono dovuto emigrare. Al centro federale di Formia: 350 giorni di allenamento all’anno. Stavo lì pure a Natale e Pasqua. Da solo. Vent’anni ad acqua minerale, e nemmeno gassata, il professor Vittori non voleva. Il complimento più bello me lo hanno fatto i vecchi custodi, la famiglia Ottaviani, che hanno dichiarato: ce n’era solo uno che in tuta entrava al campo di mattina e usciva di sera».
In quel “Da solo”, punto!, era racchiusa tutta la sua solitudine, ma è una solitudine che da acerrima nemica pian piano può, anzi, deve, diventare una fedele alleata e compagna. Questa metamorfosi, tuttavia, non è né semplice né scontata, e lo attestano i tanti messaggi che ricevo, inviati da atleti che soffrono per il fatto di non riuscire a trovare nessuno con cui allenarsi e mi chiedono consigli per riuscire ad avere sempre la motivazione giusta.
Vuoi che te la racconti io? Ok, clicca e guarda il video...
Il valore del silenzio consapevole
Qualche giorno fa, tramite WhatsApp mi è arrivato lo sfogo di un golfista che sto seguendo, che chiamerò Diego, perché il suo vero nome è facilmente riconoscibile, e le sue parole mi hanno colpito, perché uscivano dal solito cliché. Ecco cosa mi ha scritto Diego, testualmente:
«Ciao Massimo, sto partecipando a una gara nazionale, a Roma, e sono soddisfatto di come riesco a gestire le emozioni. Il problema è che anche oggi (e capita spesso) mi trovo con delle persone che bestemmiano, si arrabbiano e non ti rivolgono mai la parola in cinque ore di gara. Questo atteggiamento mi disturba, perché faccio fatica a stare per tanto tempo senza scambiare nemmeno una battuta. Cosa devo fare perché questa situazione non mi turbi e non mi tolga la serenità? Grazie».
A Diego ho dato una risposta personalizzata e sintetica, facendo riferimento a tecniche già apprese lungo il percorso Atleta Vincente (e ne approfitto per informarti che puoi iscriverti con un clic e provare tre sessioni gratis!). In questa Pillola, invece, la prendo un po’ più alla larga, affinché l’esperienza di Diego sia utile a tutti gli atleti, soprattutto a quelli che (ancora!) non seguo. E a buon intenditor...
Ricordi cosa dicevo a proposito delle parole inutili? Dicevo che sono velenose e intossicano la mente tanto di chi le pronuncia quanto di chi le subisce. Purtroppo chi sbraita, si lamenta o, peggio, bestemmia, è convinto che sfogarsi con qualcuno, anche con il suo dio, lo faccia star meglio, lo aiuti a scaricare le tensioni, ma sappiamo che non è così. Rimuginare su un problema o su un errore non fa altro che tenerci ancorati al problema o a un errore appena commesso e ci impedisce di vivere nel presente, nel “qui e ora”, e di pensare alla soluzione e non al problema.
Questa riflessione vale per chi è intrappolato nel vortice della sua negatività, ma cosa può fare chi si trova costretto, suo malgrado, a subire la pesantezza altrui? E come deve affrontare la propria solitudine l’atleta che in allenamento, ogni giorno, fatica, suda e soffre da solo senza poter scambiare una battuta con nessuno, proprio come è capitato a Diego?
Bisogna adottare l’atteggiamento del grande Mennea, ossia si deve entrare in un’altra dimensione, la dimensione del silenzio consapevole. Per farlo, occorre spostare la nostra attenzione dall’esterno, pieno di rumori e di parole inutili o di silenzi che stordiscono, verso l’interno, verso il nostro corpo, ricco di suoni e sensazioni meravigliose. Dobbiamo imparare ad ascoltare il fluire del respiro, il battere ritmato del cuore, ed è importante riuscire a dialogare con ogni muscolo, sentirlo contrarre e poi rilassarsi ogni volta che gli chiediamo di produrre energia. E mentre ascoltiamo il nostro cuore e seguiamo il nostro respiro, dobbiamo entrare in sintonia con il corpo che esegue il movimento e giudicare se è proprio come lo visualizziamo nella nostra mente o se dobbiamo limare qualcosa.
Tanto la gara di golf di Diego, durata cinque ore, quanto un allenamento di due ore devono diventare una piacevole meditazione. In entrambi i casi possiamo imparare a costruire la nostra “bolla” (argomento dell’ottava sessione del mio videocorso Atleta Vincente), eliminando, per sottrazione, tutto ciò che non ci è utile. Ecco che come per magia il silenzio e la solitudine smettono di turbarci, di toglierci la serenità, di farci paura e si trasformano in un meraviglioso esercizio di consapevolezza.
È il momento di agire!
Sono molti gli esercizi che potremmo fare assieme per imparare l’arte del silenzio consapevole e per costruire la nostra bolla. Ti va di scoprirli e di sperimentarli? Contattami e ne parliamo. Come dico sempre, “alza le chiappe dal divano e muoviti, fai il primo passo verso il tuo obiettivo”, e anche rompere il ghiaccio con un’opinione o una domanda è un modo per uscire dal torpore e passare all’azione, non credi? ;)