Sì, ma che stress!
Sul fatto che lo stress lavoro-correlato sia un rischio da valutare, per evitare i cosiddetti “rischi psicosociali”, nessun imprenditore ha più dubbi, anche perché è dal 2008 che tale prescrizione è stata sancita per legge, recepita con l’articolo 28 del Decreto Legislativo 81. Il problema, dunque, non è valutare questo rischio ma gestirlo in modo efficace.
I miei libri: “Atleta Vincente”, che contiene 47 strategie per diventare campioni nello sport e nella vita, e “Pillole di Coaching”, che propone 60 Esercizi di allenamento mentale e 40 Domande Potenti per diventare mental coach di sé stessi.
Al proposito, ecco la domanda che mi rivolge Luca, un imprenditore:
Vuoi che te la racconti io? Ok, clicca e guarda il video...
C’è bisogno di ferie…
«Ciao Massimo, per esigenze produttive, ho dovuto spostare un operatore da una linea ad un’altra. Dopo qualche giorno, questo operatore ha inoltrato una richiesta di ferie motivata dal fatto che il trasferimento a una macchina diversa da quella dove lavorava abitualmente lo aveva stressato. Come si può gestire in modo efficace questo tipo di stress?»
Prima di scoprire cosa ho risposto a Luca, provo a dare una definizione semplice del concetto di stress. Lo stress è un indicatore di uno stato di disagio o di tensione. È un segnale che il nostro organismo ci invia quando ci troviamo in presenza di stimoli percepiti come stressori, ossia causa di stress. Significa che non è lo stimolo in sé ad essere foriero di stress bensì è il modo con cui una persona lo elabora, in funzione della propria condizione, fisica e mentale: ciò che per qualcuno può essere stressante, per qualcun altro può non esserlo affatto.
Se un individuo considera stressante una certa situazione, come può essere il cambiamento repentino di un’abitudine consolidata, si attivano dei meccanismi di difesa, alcuni inconsci e altri più ragionati. In uno stato interpretato come stressante, l’organismo prima attiva un allarme, poi cerca di difendersi opponendo resistenza all’alterazione del proprio equilibrio, al cambiamento, e infine cerca di trovare un nuovo equilibrio. Anche questo sistema di adattamento all’ambiente, come la paura di cui ho parlato nella Pillola 54, si è formato con l’evoluzione, facendo comprendere all’uomo, nel corso dei millenni e a proprie spese, quali sono i possibili rischi da evitare per garantire la sopravvivenza della specie.
A proposito delle paure, dicevo che molte di quelle primordiali sono state dominate, tuttavia alcune, del tutto immotivate, sopravvivono in noi in una specie di letargo e basta poco per risvegliarle sotto forma di fobie, ossia di paure irrazionali nei confronti di cose o situazioni che non rappresentano un vero pericolo. Per lo stress succede una cosa analoga, ossia, anziché gestire in modo obiettivo e razionale uno stimolo stressore o un cambiamento che può provocare stress, al fine di trovare un nuovo equilibrio, spesso l’uomo reagisce in modo “primitivo”, resta in uno stato di allarme costante, come se si sentisse braccato da una belva feroce, e lo stress si trasforma in distress, cioè stress negativo, che può causare problemi psicologici e fisici, e dunque diventa un fattore di rischio per la salute fisica e mentale da gestire con strumenti opportuni, che prevedono azioni correttive, preventive e monitoraggi periodici.
È questo che ti stressa?
In linea generale, i lavoratori si sentono stressati quando percepiscono le esigenze lavorative e le richieste del datore di lavoro più grandi rispetto alle loro capacità di farvi fronte, e questo rischio, come dicevo, deve essere valutato opportunamente. A titolo di esempio, le principali situazioni causa di stress e di rischi psicosociali possono essere un compito eccessivamente impegnativo rispetto al tempo assegnato per portarlo a termine; le richieste della direzione o dei diretti superiori contrastanti; le mansioni del lavoratore non ben definite; la comunicazione scritta e orale non chiara; le strategie e aziendali e gli obiettivi non ben definiti; la formazione insufficiente; il clima di lavoro non sereno.
Torno alla domanda di Luca. Per gestire lo stress segnalato dall’operatore che ha sofferto del cambiamento puoi aiutare tutti i tuoi dipendenti, e non solo quello che ha dichiarato di essere stressato, a prendere consapevolezza dell’ambiente in cui operano, del modo in cui affrontano le responsabilità e dell’impatto che i cambiamenti che avvengono nell’ambiente hanno sul loro stile di lavoro e, più in generale, di vita, affinché possano affrontare con maggior equilibrio e atteggiamento positivo sia il lavoro sia la vita privata.
È importante trasmettere un messaggio: quando dobbiamo gestire un cambiamento indipendente dalla nostra volontà, sul lavoro ma anche nella vita, occorre dedicarsi al nuovo compito senza domandarci se fa per noi, se siamo adatti e cosa succederà dopo: bisogna immergersi completamente in quello che stiamo facendo, affinché la nostra mente non abbia spazio e tempo per formulare pensieri negativi o inutili.
Si tratta di obiettivi raggiungibili con un programma di coachingstrong>, perché, come ho spiegato in molte altre Pillole, in primo luogo si agisce sul dialogo interno e sul pensiero positivo, quella che io chiamo “vocina silenziosa” che ronza incessantemente nella nostra testa e che a seconda di cosa dice potenzia o demolisce la nostra motivazione e la nostra autostima, per far sì che le persone imparino a modificare i pensieri e a trasformare pensieri negativi in pensieri positivi. Poi si lavora per sviluppare la consapevolezza e per imparare a dare il giusto peso emotivo ad ogni situazione da affrontare e da gestire con responsabilità e non con reazioni istintive. Infine, si può sviluppare un atteggiamento che consenta di spostare l’attenzione dal “perché è successo proprio a me” al “cosa è meglio per me”, ossia dal problema alla soluzione del problema.
È il momento di agire!
Il Botta e Risposta di questa settimana termina qui. Hai una domanda da rivolgermi? Vuoi scriverla qui sotto nei commenti? Come dico sempre, “alza le chiappe dal divano e muoviti, fai il primo passo verso il tuo obiettivo”, e anche rompere il ghiaccio con un’opinione o una domanda è un modo per uscire dal torpore e passare all’azione, non credi? ;)